La passatella
Gioco con le carte napoletane, che spesso degenera perchè provoca
ubriachezza in uno o più giocatori. E' tipico che si formi un
capannello di gente intorno al tavolo in cui si
gioca, per vedere come va a finire. Ogni giocatore apporta a sue
spese una bottiglia di birra. Si danno 4 carte per ogni giocatore.
Valgono i punti della primiera della scopa (quattro semi diversi;
più sono alti meglio è). Chi totalizza il punteggio maggiore è il
"Padrone"; chi ha quello minore è il
"Sotto". Il Padrone può fare tutte le proposte
che vuole su come distribuire i bicchieri di birra, ma è il
Sotto che decide se accettare o no. Se nessuna proposta viene
accettata, il Padrone deve bersi tutti i bicchieri.
In pratica, è il Sotto che comanda davvero; l'unico potere del
Padrone è quello di bersi tutto (se ce la fa... ma ce la fanno
quasi tutti!). E qui comincia il bello: se il Padrone non vuole
bere tutti i bicchieri, deve darli anche a qualcuno di gradimento
del Sotto, facendo incavolare i suoi amici più stretti che
rimangono senza bere e che, sicuramente, gliela faranno pagare; se
capita a due di loro di essere Padrone e Sotto, faranno bere
tutto al malcapitato che prima li aveva "traditi". Quando queste
proposte vengono fatte dopo una ventina di bottiglie scolate,
iniziano anche a volare parole grosse e offese personali. E' raro
che si finisca senza qualche spintone o qualche sberla...
Qualche volta viene scelta una vittima predestinata (spesso quello a
cui più piace bere) e lo si manda ad "olmo", cioè non gli si fa
toccare neppure un bicchiere. Per farlo incavolare ancora di più, si
inserisce il suo nome in proposte assurde che sicuramente il Sotto
non accetta (lui stesso è perfettamente consapevole che non le
avrebbe accettate; capisce che lo fanno apposta...). Tipo: "diamo
tre bicchieri a lui e uno al suo amico e io Padrone e tu Sotto non
beviamo niente".
Fino a qualche tempo fa, la passatella si faceva a vino. Da
questo gioco deriva anche il detto "fare Padrone e Sotto", riferito
a chi si è preso tutto ciò che era disponibile.
La Lìscia annascòsta
Deriva il suo nome dal paese vicino, Liscia,
forse perchè spesso nascosto da nebbie o nubi. E' il classico
"nascondino", o "nasconderello", il gioco in cui
uno si copre gli occhi e conta, appoggiato ad un muro, almeno
fino a 50 ("pàra", in palmolese); gli altri ragazzi corrono a
nascondersi. Quando chi pàra ha finito di contare, inizia a cercare gli
altri giocatori. Se ne scopre uno, deve correre a toccare il
muro di partenza e dire "Tana per...(il nome dello scoperto)": in
questo modo lo "stanato" diventa prigioniero del cacciatore. Se un
giocatore non ancora scoperto, uscendo dal suo nascondiglio a
suo rischio e pericolo, riesce a toccare il muro
prima di chi pàra, può non solo salvarsi, ma
gridare anche "Tana liberi tutti", in modo che tutti gli eventuali
prigionieri possano correre a nascondersi di nuovo, e chi parava
deve ricontare un'altra volta, e tutto ricomincia. Il primo degli
stanati sarà quello che conterà quando sarà finita la caccia e tutti
saranno o prigionieri o salvi.
La particolarità palmolese è
che una volta, invece di contare, si usava dare un calcio ad
un barattolo. Uno dei giocatori che dovevano nascondersi
dava il calcio più forte che poteva al barattolo, cercando
ovviamente di spararlo lungo una discesa o un vicolo con scalini;
chi parava, doveva correre a recuperare il barattolo e rimetterlo
nella posizione iniziale. Durante questa operazione, i
giocatori avevano il tempo di nascondersi. Invece di
urlare "tana liberi tutti", si ridava un calcio al barattolo,
ed il cacciatore doveva riprenderlo e rimetterlo a posto, mentre i
prigionieri fatti fino a quel momento potevano fuggire di nuovo.
Non sembra un gioco molto più salutare degli
odierni videogames, che i bambini usano già a partire dai tre anni?
Lu strùppele (strummele)
Vecchio gioco dei bambini quando bisognava divertirsi con poco e non c'erano le possibilità odierne.
Si costruiva una piccola trottola di legno con delle scanalature circolari, nelle quali veniva attorcigliata
una corda. A volte alla punta del cono si metteva un chiodo o roba simile.
Il gioco consisteva nel lanciare la trottola con gesto rapido, in modo che la corda, svolgendosi, imprimesse un
movimento rotatorio alla trottola, libera di girare su se stessa. Vinceva la trottola che girava più a lungo
senza cadere
Le bocce
Le bocce non sono certo un gioco tipico palmolese, ma le abbiamo inserite perchè in passato hanno riscosso un successo enorme
tra la cittadinanza. Quando finalmente si costruì la villa comunale con due campi da bocce, l'evento fu accolto con grande
entusiasmo da tutti, giovani e meno giovani.
Questa attività, a metà tra lo sport ed il relax, coinvolse un po' tutti: bisognava fare la coda per poter disputare qualche partita, e fiorirono
tornei di bocce ogni estate. Ricordiamo l'imbattibile coppia formata da Ubaldo Pinti e Valentino Cieri: vincevano sempre loro, e sono
rimasti nell'Olimpo delle bocce palmolesi.
Come molte cose dei tempi che furono, anche questi campi da bocce sono caduti in disuso.
Ora sono malandati e pieni di erbacce: raramente si vede qualcuno che gioca.
Vedi le foto sulle bocce
Le pèzzele
Gioco precursore delle bocce, era praticato molto molto tempo fa, quando non c'erano i campi da bocce e neanche i soldi per comprare le bocce!
Praticamente le regole erano uguali, ma invece di palle rotonde si usavano pietre piatte pesantissime, che venivano scagliate con forza
su un semplice prato. Vinceva chi si avvicinava di più ad una pietra più piccola, che fungeva da pallino. Le bocciate erano impossibili,
ma spesso si riusciva a collocare una pietra sopra quella dell'avversario. Non chiedeteci come si faceva, a fine gioco,
a distinguere una pietra da un'altra!
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